Negli ultimi decenni alcuni processi storici hanno profondamente trasformato il mondo: la progressiva integrazione economica mondiale verificatasi dagli anni ’70 del Novecento fino alla Pandemia da Covid-19 (globalizzazione economica); le trasformazioni del capitalismo dopo il 1960 circa (post-fordismo) e gli sviluppi culturali che vi hanno fatto da sfondo (post-modernismo e realismo capitalista); l’emergere, grossomodo nello stesso periodo, di società che hanno il loro centro di gravità nel consumismo basato sulla tirannia delle immagini (società dello spettacolo o del consumo); il passaggio dalla tecnologia meccanica ed elettronica analogica a quella elettronica digitale (rivoluzione digitale).
Sebbene ciascuno di questi fenomeni abbia una sua genealogia, il loro intreccio ha generato nuove dinamiche culturali, politiche, sociali ed economiche che caratterizzano l’epoca attuale. Nella prima parte di questo contributo si analizzano separatamente i processi storici sopra elencati. La seconda parte ne esplora i legami profondi e complessi, in uno sforzo di sintesi che tenta di comprendere l’origine delle attuali società, in particolare di quelle occidentali. L’ultima sezione espone alcune considerazioni conclusive.
Il concetto di “Leviatano a due teste” proposto da Asma Mhalla (2024), politologa e docente specializzata in geopolitica del digitale, è una potente metafora per descrivere le nuove forme del potere nella società digitale contemporanea. Prende ispirazione dal celebre Leviatano di Thomas Hobbes, simbolo dello Stato sovrano assoluto, ma lo adatta alla realtà odierna, in cui il potere non è più solo pubblico (statale), ma anche privato (aziendale).
Secondo Mhalla, il potere nel XXI secolo ha due teste. La testa statale (definita “Big State”) rappresenta un’evoluzione del potere tradizionale dello Stato-nazione, con le sue classiche prerogative sovrane: forza militare, legislazione, tassazione, controllo della popolazione. La testa tecnologico-corporativa (“Big Tech” nel linguaggio di Mhalla) simboleggia il potere delle grandi piattaforme digitali (Google, Meta, Amazon, Microsoft, Apple, ecc.), che raccolgono e gestiscono enormi quantità di dati, influenzano il comportamento individuale, progettano infrastrutture digitali globali, esercitano un’influenza crescente sulle opinioni pubbliche e le decisioni politiche. Queste due teste non agiscono separatamente, ma cooperano, si intrecciano e, a volte, si contendono lo spazio del comando entrando in conflitto.
L’idea alla base del nostro tentativo di interpretazione della rivoluzione digitale è questa: siamo di fronte al ripristino di forme di servitù.
Non si pensi, tuttavia, ad uno slogan.
Quella che chiamiamo età moderna, come insegnano tutti i manuali di storia, si caratterizza proprio per il superamento dell’istituto giuridico della servitù, con l’affermazione di forme alternative di organizzazione del funzionamento sociale, le cui idee regolative sono state uguaglianza giuridica, diritti civili e politici universali, libertà economica.
Il servo, a differenza dello schiavo, non era proprietà di un padrone: godeva di alcune libertà e tutele, concesse come beneficio da un signore, in cambio di prestazioni a cui era vincolato come obbligo.
Da grandi trasformazioni sociali, sono nati interessi e forze che hanno trovato stimolo ed espressione in principi riassumibili nel concetto di emancipazione. Tra la prima rivoluzione industriale e la seconda guerra mondiale, gli effetti di questo processo emancipatorio sono stati diversi: sul piano politico, si è assistito al confronto tra i modelli liberale, democratico e socialista, alle loro contaminazioni e alla crisi determinata dall’insorgere di regimi autoritari; sul piano economico, lo scontro tra interpretazioni differenti del concetto di sviluppo ha prodotto modelli più o meno estensivi dell’idea di stato sociale. L’idea di progresso che ne è derivata può riassumere in una sintesi il senso di questa analisi: mito condiviso che ha delineato un’immagine di futuro nella quale le dimensioni economica, sociale, culturale, politica e tecnologica sostenevano l’autonomia di pensiero e azione, la creatività e l’individualità in un quadro di giustizia, libertà ed eguaglianza.
Stiamo vivendo la crisi radicale di questa idea, che non riesce più a contenere in una visione unitaria le diverse prospettive in cui è stata articolata nel corso della modernità. In questa crisi si sono create le premesse di un ripristino della servitù, in forma digitale. Identità digitale, cittadinanza digitale, consenso informato, tutela della privacy, libero accesso alle reti di comunicazione si configurano come la versione odierna dei benefici concessi ai nuovi servi. In cambio si impone loro di cedere i diritti di sfruttamento di ogni loro esperienza vissuta e immaginata.
Nei testi proposti si articola un’analisi, anche in termini di costi e benefici, degli effetti di questa condizione, con particolare riferimento alla lettura della prima guerra mondiale come fondamentale cesura storica, al tema della servitù volontaria digitale, alla questione delle disuguaglianze crescenti.
Si cerca infine di avanzare alcune proposte: la questione è, come sempre, Che fare? Tornare indietro? Non ci sembra credibile la prospettiva nostalgica, ma necessaria quella riformatrice orientata da due obiettivi strategici: la ridefinizione permanente dei contesti di applicazione delle tecnologie digitali (ricreando spazi e tempi analogici di libero confronto all’interno di comunità concrete); la creazione di infrastrutture digitali pubbliche, progettate in funzione degli interessi e bisogni delle comunità e sottratte al controllo dei poteri multinazionali oggi dominanti.
Negli ultimi decenni alcuni processi storici hanno profondamente trasformato il mondo: la progressiva integrazione economica mondiale verificatasi dagli anni ’70 del Novecento fino alla Pandemia da Covid-19 (globalizzazione economica); le trasformazioni del capitalismo dopo il 1960 circa (post-fordismo) e gli sviluppi culturali che vi hanno fatto da sfondo (post-modernismo e realismo capitalista); l’emergere, grossomodo nello […]
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Con rivoluzione digitale (o rivoluzione informatica) si designa generalmente il passaggio dalla tecnologia meccanica ed elettronica analogica a quella elettronica digitale, che, dapprima limitato ai soli paesi occidentali, ha poi interessato il mondo intero nell’arco temporale che va dai tardi anni Cinquanta del Novecento fino ai giorni nostri. Questa fase storica, spesso denominata era digitale […]
Impressioni a caldo, come si usa dire, alla fine della lettura di “Credere e non credere”: libro pubblicato nel 1971 e ripubblicato nel 1993 dal Mulino.
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